Ieri sera durante la lezione il M° Ruta si dilungava a parlare di un argomento spinoso come la paura.
Paura che può essere fattore limitante, ma anche di crescita nella formazione dell’individuo.
Vi pareva che mi sarei perso l’occasione di stuzzicare Fabrizio sensei sull’argomento?
Ma neanche per sogno!
Quello che segue è il risultato dell’ultima “ provocazione “ .
Grazie, Fabrizio
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LE EMOZIONI NELLE ARTI MARZIALI
Normalmente nel mondo delle arti marziali il tema delle emozioni tout-court è tabù, non se ne parla quasi per niente. Anzi appartenendo, le emozioni, al mondo interiore e femminile e mostrando il lato delicato degli esseri umani, esse sono bandite e viste con sospetto. Gli uomini che hanno scelto Marte come loro Nume protettore, non si lamentano, non piangono, sono instancabili, pieni di energia con muscoli scattanti, coraggiosi, irrequieti, poco inclini alla riflessione, in una parola: sono fatti di ferro. Solo una sana aggressività è concessa a questi guerrieri marziani. Il mondo femminile, yin, morbido, sensibile è relegato alle rare pause e al riposo del guerriero tra una battaglia e l'altra. E le emozioni? Sono inutili anzi perniciose, perché indeboliscono lo spirito guerriero e portano dubbi e debolezza nell'animo umano (maschile).
La gioia si mostra raramente sul loro volto, se non quando superano difficili prove e dure battaglie, risultando alfine vincitori. I visi appaiono piuttosto contratti in smorfie, pieni di tensione e sfida. Di certo non possono sorridere al loro avversario-nemico rischiando di essere fraintesi mostrando umanità e fratellanza.
Un guerriero non può neanche essere triste, egli non ha tempo per questo sentimento pericoloso perché toglie nerbo e potenza, fa nascere dubbi e incertezze, rende morbidi e teneri...
Ma, tra tutte le emozioni quella che, in questo mondo avventuroso e vulcanico, fa più paura è la... paura stessa!!!
I “veri uomini” non provano paura, né la devono provare.
Il paradosso, che sfiora il ridicolo, è proprio il non notare che negando a se stessi questa emozioni, essi (gli uomini di ferro) mostrano inconsciamente quanto sono paurosi.
Affrontare il nemico sul campo di battaglia, rischiare la vita, uccidere oppure al contrario, sanguinare e ferirsi, non crea timore nel cuore pulsante del seguace di Marte, anzi egli ricerca il rischio e ama “prendere il toro per le corna”.
Ma questi cavalieri, per l'appunto “senza macchia e senza paura”, non osano mai addentrarsi nei territori sconosciuti del loro regno interiore.
Le emozioni, l'inconscio, l'anima, i delicati spazi interiori, le lacrime, le coccole sono roba da femmine anzi, da femminucce.
Con quanto sospetto sono visti gli intellettuali e i meditatori, e con quanti sguardi di disprezzo viene accolta la tenerezza, la compassione, la dolcezza, la stanchezza.
Questi combattenti amanti delle bistecche al sangue, dovrebbero rivolgere tutto il loro indubbio coraggio verso il drago che vive in loro, guardando le proprie paure direttamente negli occhi, invece che prendere in giro con sospetta spavalderia coloro che si accostano al mondo femminile della propria anima.
Solo allora avrà inizio la vera guerra, quella santa come indicato nel Corano o intuito dai crociati alla ricerca del Graal.
Solo nelle profondità del proprio cuore ha luogo l'unica vera battaglia che conta, alla fine della quale l'uomo diventa integro riconnettendo in lui l'uomo e la donna, il cielo e la terra, l'azione esteriore e il sentire interiore e così facendo, per la prima volta, egli vince veramente.
Fabrizio Ruta
Il termine guerriero ultimamente mi sta stretto: mi va bene come attitudine, come approccio allo spirituale ma se vado a vedere da dove viene il termine, chi erano e cosa facevano i samurai mi vien da dire che PER FORTUNA io non lo sono e PER FORTUNA non sono vissuto ai tempi del feudalesimo giapponese. Non mi trincero nel relativismo e dico che il modo di vivere e pensare di chi guerriero lo era per davvero va ben oltre la cultura della nobiltà d'animo, ma contempla anche mettere a disposizione degli altri la propria vita come delle pedine votate alla morte per il proprio signore feudale. Preferirei quindi semplicemente usare il termine "uomo", visto che già implica il propendere verso l'archetipo di Marte - e "donna" per chi deve fare il percorso opposto.
RispondiEliminaGrazie maestro Ruta per ciò che ci insegni: i tuoi discorsi sulla spiritualità e l'interiorità mi dicono molto di più di molti discorsi sull'etica. Mi ritengo fortunato ad avere un maestro come te.
Arigato gozaimasu.
queste riflessioni e questi approfondimenti, ben note a tutti noi "abitanti dello shin-bu", sono il vero valore aggiunto del nostro fabrizio... grazie!
RispondiEliminaalessio màttera
Il termine " guerriero " è stato volutamente utilizzato nel titolo del post. Sebbene riconoscendone a fondo l'ormai totale anacronismo, l'ho usato per forzare il concetto. D'altronde non dimentichiamo che se non ci fosse stato " il guerriero " non ci sarebbe stata nè guerra nè arte della guerra nè tantomeno alcuna arte marziale. Gandhi insegna ;-)...
RispondiEliminaBen detto Alessio...
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