La riscoperta della pratica
di Piero Romita
Sono ritornato a praticare aikido dopo undici anni, periodo sufficiente a qualche bravo praticante ad acquisire almeno il II dan. Dopo i primi vigorosi e vogliosi allenamenti ho dovuto fare i conti con il mio corpo, uno dei miei maestri. La pratica, per quanto rituale, mette in movimento diverse decine di chili di masse mortali. Tendini, muscoli, cartillagini pretendono di affermarsi e di elevarsi a coscienza e lo fanno servendosi della nostra consapevolezza attraverso il dolore. E già, la pratica ci svela mille realtà nascoste, dolori che svelano la presenza di parti del nostro corpo che appartenevano alla dimensione del nulla. Perché sopportare tutto questo? Naturalmente perché l'ebbrezza che si prova a staccarsi un attimo da terra, a rotolare e a ritrovarsi in piedi un secondo dopo fa dimenticare il corpo. In qualche attimo il corpo perde peso, sostanza, diventa eterico. Il vuoto pervade la coscienza lasciando intendere la presenza di una realtà più vasta. Momenti, si, solo momenti, ma che momenti. Che dire poi del partner, mistero non meno evidente. Massa animata, misteriosa, dalla traiettoria indefinita che magicamente si fonde in un movimento comune al tuo movimento.......... Non so come avvenga e non mi interessa più di tanto ma quando l'aiki si realizza tra due praticanti..........
Grande...
RispondiEliminaSe aikido significa via dell'armonia dell'energia direi che ci siamo. Il grado di fronte a questo assume importanza minore.
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