Nel nostro dojo si seguono gli insegnamenti del Maestro Tada Hiroshi, IX dan, Direttore Didattico Aikikai Italia e allievo di O'Sensei Ueshiba Morihei.

giovedì 8 dicembre 2011

Il Reigi ovvero l'etichetta del dojo


La nostra Associazione viene definita come Associazione di Cultura Giapponese.
L'insegnamento dell' Aikido viene inteso come un mezzo per avvicinarci  a cultura, tradizioni, consuetudini, storia e costumi giapponesi.
Viene quindi ovvio pensare che la vita di un dojo   si allinei a queste tradizioni.
Ogni anno con l'inizio delle lezioni proponiamo un post in merito, a vantaggio dei nuovi arrivati.
Dietro quello che potrebbe sembrare uno sterile e freddo elenco di formalismi, troviamo invece il palpito di una cultura millenaria che ha saputo sopravvivere fino ai giorni nostri.
Molte delle regole di questo galateo a noi occidentali sembrano obsolete ed assurde.
Non bisogna però dimenticare che queste regole nascevano in anni in cui la più veloce via per risolvere le dispute tra singoli era la spada.
Ma nascevano anche in tempi in cui il lato spirituale e filosofico della vita era molto più curato.
In un'epoca come quella attuale in cui il sè forte, vincente e superiore è visto come forma di civiltà e modernità, forse ritrovare il rispetto delle regole sarebbe cosa auspicabile.
Vi posto quindi un vecchio post del M° Ruta con una breve esposizione di quelle che sono alcune delle regole che regolano la vita di un dojo.

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La parola reigi in giapponese riunisce in sé i concetti di educazione, cortesia, gerarchia, rispetto reciproco, gratitudine verso il maestro e i propri partner di allenamento.
Così come nella società, nella famiglia e in ogni altro aspetto della vita ci sono regole, nel Budo (via delle arti marziali) c’è una gerarchia naturale dettata dal sapere, dalla maturità ed è quella che distingue il maestro dai discepoli e i sempai (allievi anziani) dai kohai (allievi giovani).
Nel dojo (luogo dove si allena il corpo, la mente e lo spirito), il rispetto verso le regole non deve nascere dal formalismo, dal moralismo, dalla passiva accettazione di regole “sociali”, dalla voglia di essere accettati e integrati nel gruppo ma è bene che il comportamento, col tempo, divenga spontaneo e provenga dal cuore altrimenti seguire le “giuste” regole, sarà solo apparenza e falsità.
Per i suddetti motivi, non ho mai amato mettere per iscritto regole di comportamento nel nostro dojo. In ogni caso, voglio avere fiducia che tutti voi comprendiate lo spirito delle norme sotto elencate. Potremmo considerarle come “suggerimenti provvisori” in attesa che esse scaturiscano spontaneamente dal cuore di ogni allievo.
1) Si arriva nel dojo prima dell’inizio della lezione. Chi arriva in ritardo non potrà partecipare alla lezione a meno di aver ricevuto il permesso preventivo dal maestro.
2) Salendo e scendendo dal tatami si esegue un inchino verso lo shomen (parete principale sulla quale è esposta la foto del Fondatore).
3) Durante la pratica è permesso indossare solo il gi e l’hakama. Le donne possono indossare sotto la giacca del gi una maglietta bianca.
4) Prima di lasciare lo spogliatoio si spegne il cellulare e ci si toglie monili, orologi, collanine, ecc.
5) Curare attentamente l’igiene personale e quella dell’uniforme. In particolare. portare sempre le unghie (di mani e piedi) corte e lavarsi i piedi prima di salire sul tatami.
6) Alla fine del primo saluto il maestro e gli allievi insieme pronunciano ad alta voce “onegaeshimasu”.
7) Durante la spiegazione delle tecniche ci si allinea in seiza (seduti in ginocchio sui talloni) per ascoltare gli insegnamenti in silenzio.
8) In generale, durante la lezione si rispetta il silenzio evitando di dire cose inutili.
9) Quando occorre riordinarsi il gi o l’obi (la cintura) si dice al partner sumimasen (scusa), ci si rivolge verso l’esterno del tatami - mai verso lo shomen - e ci si sistema nel più breve tempo possibile.
10) Alla fine della lezione, ci si dispone come all’inizio eseguendo tutti insieme il zarei (saluto in ginocchio) pronunciando ad alta voce “domo arigato gozaimashita” (grazie infinite) tra maestro ed allievi. Dopo il saluto al maestro, si fa zarei con i partner con i quali si è praticato (è di norma sempre il kohai che si avvicina per primo al sempai).
11) Coloro che guardano la lezione devono rimanere in silenzio, evitare di bere o masticare gomme.
12) Finita la lezione, ci si cambia rapidamente e in silenzio rispettando gli altri allievi che stanno ancora praticando.
13) Si paga la quota associativa all’inizio di ogni mese.

Fabrizio Ruta

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